Probabilmente già ve lo state chiedendo: ma
perché impiegare quasi 20 ore per percorrere in nave un tragitto che in aereo
ne richiederebbe meno di due?
Esistono molte risposte a questa domanda.
Insieme a Zazie, e alla sua inseparabile compagna di avventure Isabella, sono
partita ospite di Grimaldi Lines per un viaggio andata e ritorno
Civitavecchia/Barcellona, e ne ho scoperte alcune.
La prima risposta che viene alla mente è che
viaggiare con i cani in aereo è possibile, ma la qualità di questa esperienza
dipende da diversi fattori: la compagnia aerea e il peso del cane. In linea generale, possono viaggiare in cabina all’interno del trasportino gli animali di piccole
dimensioni e in stiva i cani che superano un peso che va dagli 8 ai 10
kg. Diverse low cost che coprono la rotta Roma/Barcellona, però, non
consentono ai cani di salire a bordo.
Per chi, come me, non contempla
l’idea di far viaggiare i propri cani nella stiva di un aereo (ma non è neanche
particolarmente a proprio agio con quella di tenerli chiusi in un trasportino
per due ore), una nave può essere un’alternativa preziosa, e Grimaldi (con il servizio pet in cabin) consente agli animali domestici
l’accesso a qualsiasi tipologia di cabina, per permettere loro di restare
sempre insieme al proprio umano.
Ma non si tratta solo di questo.
Viaggiare non significa solo andare da un
punto all’altro. E viaggiare con gli animali non significa semplicemente trasportarli da un
punto all’altro.
Esiste uno spazio imprevisto di pace
e silenzio che si schiude attraverso il viaggio per mare. Nella lentezza di
questo viaggiare, che è di per sé esperienza e narrazione, c’è qualcosa che va
molto oltre la funzione dell’arrivare a un approdo.
C’è l’enormità di questa nave bianca
che ti attende al porto, e che ti risucchia nel labirinto dei suoi corridoi senza
fine. C’è una cabina che è una piccola casa galleggiante, di cui i miei cani
prendono possesso immediatamente colonizzandone il letto e esplorandone tutti gli anfratti. Ci sono i
rumori dei motori che partono, dell’acqua che comincia a cullarti come una
grande mano gentile. C’è Zazie che rizza le orecchie al suono metallico delle
ancore che salgono. C’è l’ora di salpare, che è un distacco, un momento, un
movimento, che somiglia alla fine di una storia, o all’inizio di una storia
nuova.
C’è il tempo. Ce n’è tanto. Un tempo per
pensare, un tempo per ricordare, un tempo per accarezzare. Un tempo per stare:
come non riusciamo a stare mai, perché c’è sempre un’altra cosa da fare e un
altro posto dove andare. Un tempo per salire sul ponte a sentire il vento che
scompiglia la testa, annoda i capelli e fa volare le orecchie lunghe di
Isabella come fossero vele.
Un tempo per guardare fuori, dalla finestra
della nostra cabina che è un varco aperto su un mare immenso che cambia umore e
colore nelle diverse ore del giorno. All’alba ha l'opalescenza rosa del corallo, al
tramonto si infiamma di rosso, la notte è nero da ingoiarti l’anima.
C’è il senso del viaggio, nella sua
dimensione più pura. C’è il senso della condivisione, nella sua dimensione più
vera. Io sul letto che guardo scorrere fuori miglia e miglia di mare, i piccoli
corpi caldi di questi due animali amatissimi che respirano al ritmo col mio, con
l’abbandono e la fiducia di chi mi seguirebbe fino alla fine del mondo.
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